12 Giugno 2019
Il mercato della carta sta attraversando uno dei suoi momenti peggiori. Il suo valore ha raggiunto i minimi storici e il crollo che sta subendo in quest’ultimo periodo non sembra volersi arrestare.
Da gennaio 2019 ad oggi il prezzo della carta è crollato del 25% e le associazioni di categoria stanno lanciando l’allarme, una su tutte Unirima – Unione Nazionale Imprese Recupero e Riciclo Maceri.
Per decenni le imprese della filiera del riciclo della carta hanno creato valore dal recupero dei materiali, valore che veniva distribuito a ritroso in tutta la filiera, fino a riconoscere un corrispettivo economico anche al produttore.
Oggi si assiste ad un deprezzamento tale dei materiali recuperabili che il solo parlare di riconoscimento sembra una follia. Il recupero e il riciclo della carta, uno dei materiali cardini dell’Economia Circolare, adesso rappresenta un costo per tutti.
Come ormai scriviamo da diverso tempo, i motivi di questa crisi sono molteplici. Ma come spesso accade nel nostro settore, fanno più rumore i casi di cronaca che le cause che portano a questo malessere interno.
I media raccontano minuziosamente gli incidenti negli impianti, dolosi o colposi che siano, gli opinionisti espongono i dettagli del traffico illecito di rifiuti, l’opinione pubblica si copre gli occhi e parla dei benefici dell’Economia Circolare, ma chi fa un passo indietro e spiega cosa sta succedendo nel mondo dei rifiuti?
I prezzi di smaltimento aumentano in maniera esponenziale e il mercato dei materiali riciclabili crolla costantemente, ma tutto tace e nessuno ne parla.
Il valore della carta da macero è giunto ai minimi storici. Da anni sottolineiamo che il settore dei rifiuti, e di conseguenza quello dei materiali valorizzabili, rischia il default.
Non è un problema italiano, anche se il nostro paese sembra reagire peggio rispetto ad altri, ma tutto il mondo sta facendo i conti con un surplus di materiale riciclato: l’offerta è maggiore della richiesta.
Questa situazione ha avuto un incremento negativo il 1° gennaio 2018, quando il Governo Cinese ha irrigidito notevolmente i limiti per l’importazione di materiale riciclabile (24 tipi di materiali per l’esattezza, tra cui plastica, carta da macero e scarti tessili), fissando a 0,5% il limite di impurità.
Dal 1° gennaio 2019, i limiti sono stati imposti anche all’importazione dei materiali ferrosi.
Ricordiamo che il gigante asiatico è sempre stato il maggior importatore di materiale riciclabile, facile intuire quanto questa scelta abbia influito sull’attuale situazione.
Come sottolineato in un comunicato stampa dall’Associazione Unirima – Associazione che riunisce circa il 90% delle aziende di settore per volumi gestiti – le nuove politiche internazionali non sta facendo altro che peggiorare la crisi:
“I cambiamenti dello scenario internazionale, derivanti in primo luogo dalla guerra commerciale fra Cina e USA (ma anche dalle nuove politiche di altri paesi del sud-est asiatico), hanno portato ad un surplus di carta da macero su tutti gli altri mercati poiché gran parte del materiale americano che veniva utilizzato nel mercato cinese è stato dirottato su altri mercati e ha determinato un affossamento delle quotazioni della carta da macero”.
Questi fattori hanno ripercussioni pesantissime sul settore della carta da macero.
Il South China Morning Post, uno dei più importanti quotidiani del sud-est asiatico, riporta dati allarmanti. Ad Hong Kong, principale meta di approdo della carta da macero, il valore è crollato del 45% da dicembre. Un crollo che rischia di far chiudere le imprese e gli operatori della raccolta del cartone con conseguenti impatti sulla città.
In Europa la situazione non è di certo migliore.
Per avere un’idea del trend negativo dei prezzi, riportiamo un grafico realizzato sempre dall’Associazione Unirima che rappresenta l’andamento del prezzo medio del cartone di tipologia 1.04.02 (Materia Prima per cartiera, prezzo franco acquirente) con un crollo da gennaio a maggio di circa il 25%.
La situazione sta sfiorando il paradossale, tanto che alcune amministrazioni statunitensi hanno deciso di bloccare la raccolta differenziata perché diventata un costo insostenibile.
È il caso della cittadina di Franklyn, nel New Hampshire, dove il costo per il riciclo dei rifiuti è passato da 6 dollari per tonnellata del 2010 ai 125 dollari per tonnellata attuali. L’amministrazione ha deciso di portare tutti i rifiuti indistintamente negli inceneritori, al costo di 68 dollari per tonnellata.
Stessa cosa è successa a Broadway, in Virginia, dove la raccolta differenziata è stata sospesa dopo 22 anni; mentre la contea di Blaine, nello stato di Idaho, si è vista costretta a portare in discarica le balle di rifiuti che si erano accumulate nei depositi in attesa di essere riciclate.
Qualche riga più su abbiamo scritto che l’Italia soffre maggiormente la crisi dei rifiuti rispetto ad altri Paesi Europei. Il motivo è abbastanza semplice: in Italia non esiste una rete efficiente di impianti finali.
Un problema che noi denunciamo da diverso tempo e l’attuale crisi del mercato della carta da macero non può che confermare quanto detto.
Ogni filiera di riciclo genera una certa percentuale di scarti derivanti dalla lavorazione, necessaria per rendere recuperabili i materiali raccolti. Purtroppo è sempre più cronica l’indisponibilità degli impianti finali per questi rifiuti irrecuperabili.
Se le imprese che selezionano i materiali riciclabili non riescono a trovare spazi per smaltire gli scarti, rischiano di bloccarsi per non superare i limiti autorizzativi di stoccaggio, bloccando a tutti gli effetti la filiera del riciclo.
I Paesi del nord Europa, da sempre più strutturati ed attenti ai temi ambientali, hanno realizzato negli anni una rete di impianti finali ben strutturata con l’obbiettivo di azzerare lo smaltimento in discarica. Gli inceneritori di ultima generazione, i termovalorizzatori, oltre a bruciare i rifiuti, producono energia dalla combustione fornendo energia elettrica e teleriscaldamento per i comuni del territorio.
In Italia i motivi della arretratezza degli impianti sono diversi: classe politica in primis.
Nel Bel Paese, chiunque si avvicini al tema rifiuti/impianti viene contestato dalle varie opposizioni.
Fu così per l’allora “Sblocca Italia”: l’art. 35 prevedeva la realizzazione di diversi termovalorizzatori, soprattutto al sud, territorio da sempre in deficit di impianti finali. Lo “Sblocca Italia” passò, ma l’art. 35 venne ferocemente contestato da Regioni, Comuni ed opinione pubblica.
Oggi, con il nuovo Governo e i recenti fatti di cronaca, il tema è tornato prepotentemente in voga. Sembra però che i partiti di maggioranza non riescano a trovare un accordo, rimanendo su idee diametralmente opposte. E così, chi ieri era all’opposizione e contestava la costruzione di nuovi termovalorizzatori, oggi, in maggioranza al Governo, afferma:
“Occorre il coraggio di dire che serve un termovalorizzatore per ogni provincia, perché se produci rifiuti li devi smaltire”
A cui fanno muro le parole dell’altro leader di Governo:
“Gli inceneritori non c’entrano una beneamata ceppa. Quando arriva l’inceneritore, o termovalorizzatore, il ciclo dei rifiuti è fallito”
Ma non solo gli inceneritori, vengono contestati anche gli impianti per il riciclo, da nord a sud, senza distinzione politica.
Fa sorridere il caso di un impianto di riciclo TMB (trattamento meccanico-biologico) nel quartiere Salario a Roma, di cui un comitato cittadino appoggiato dal PD chiede la chiusura a causa delle emissioni maleodoranti, e che è invece difeso dal Movimento 5 Stelle; lo stesso Movimento 5 Stelle che ne chiedeva la chiusura prima di governare la Capitale.
In Italia, purtroppo, non abbiamo cultura ecologica. L’industria della gestione dei rifiuti non viene percepita come risorsa, come avviene nel Nord Europa. Questo pensiero comune ostacola costantemente qualsiasi progetto legato al trattamento dei rifiuti nel nostro Paese.
Negli anni, anziché favorire lo sviluppo di nuove imprese per la gestione dei rifiuti, soprattutto nei punti critici della chiusura del ciclo con impianti di trattamento finale, si è ostacolata sempre, sia a livello politico che amministrativo locale, la realizzazione di nuovi impianti o lo sviluppo di quelli esistenti.
Questa situazione ci ha reso dipendenti dagli impianti finali esteri che, oltre a farci pagare molto caro lo smaltimento, guadagnano producendo energia dalla combustione.
Purtroppo le Amministrazioni non sono lungimiranti e hanno sempre il terrore della tornata elettorale. Mai indispettire i cittadini quando si è sotto elezione: oggi dieci mamme in passeggino fanno molto più rumore di esperti, ricercatori e scienziati.
Così tutto rimane in stallo e l’Economia Circolare si realizza solo a parole.
Fonti
Comunicato stampa dell’Associazione Unirima.
Per approfondire l’argomento della crisi mondiale dei rifiuti, consigliamo la lettura di questo nostro articolo.
Consigliamo invece di leggere questo articolo a chi volesse analizzare i motivi che stanno dietro ai molti incendi che stanno colpendo gli impianti di trattamento rifiuti.