28 Febbraio 2020
Sono anni che il tema dell’End of Waste riempie le pagine dei quotidiani. Non esiste convegno, seminario, articolo scientifico o qualsivoglia documento sull’argomento rifiuti, in cui non venga citato. Pochi testi, però, entrano nel merito del End of Waste spiegando cosa sia e per quale motivo risulti essere tanto importante per il settore dei rifiuti.
Tema tanto importante quanto “travagliato” e sottoposto perennemente a nuovi decreti, norme, direttive, regolamenti, ecc., i quali, puntualmente, vengono criticati dagli esperti del settore e nuovamente rivisti.
Recentemente è stata approvata la legge n. 128 del 2 novembre 2019 che riscrive le disposizioni relative all’EoW.
Facciamo un po’ di chiarezza.
L’End of Waste è la disciplina giuridica riguardante la cessazione della qualifica di rifiuto al termine di un processo di recupero.
Si intende quindi il processo che, concretamente, permette ad un rifiuto di tornare a svolgere un ruolo utile come prodotto. Non si riferisce al risultato finale, bensì al percorso che porterà a tale conclusione.
Va da sé che, in ottica di Economia Circolare, tale argomento diventa il cardine principale di tutto il sistema. Come si può pensare di diventare una società “rifiuti zero” se non si disciplina il processo di recupero dei rifiuti?
Uno dei problemi del nostro Paese è la troppa burocratizzazione e ovviamente l’End of Waste non fa eccezione.
In alcuni nostri precedenti articoli, di cui consigliamo la lettura per aver una visione completa del tema, abbiamo cercato di ripercorrere tutte le tappe normative. Il nocciolo principale della questione riguarda il rilascio delle autorizzazioni e in che modo dovrebbe avvenire.
Procediamo con un po’ di ordine.
I criteri dell’EoW sono regolamentati dall’articolo 6 della Direttiva Europea 2008/98/CE e recepiti nel nostro ordinamento dall’articolo 184 ter del Testo Unico Ambientale. Quest’ultimo articolo ha dunque previsto che la definizione dei criteri relativi all’End of Waste avvenga primariamente mediate regolamento comunitario, oppure mediante uno o più decreti ministeriali, il così detto caso per caso.
Il problema principale è che il Decreto a cui tutte le successive normative hanno fatto – e fanno tutt’ora – fede, risale al 1998 (DM 5 febbraio 1998). Non è difficile intuire che a seguito dello sviluppo tecnologico e dei processi di lavorazione, in quei criteri non possono rientrare la maggior parte dei rifiuti prodotti oggi.
Il celebre “caso Contarina-Fater” portò alla luce un vuoto normativo non indifferente. L’azienda trevisana, unica al mondo per il riciclo dei pannolini, rimase per diverso tempo in un limbo burocratico, ossia, a chi spettasse la responsabilità di rilasciare le autorizzazioni sull’EoW caso per caso tra Stato e Regioni. In quel episodio ci fu un vero e proprio scarico di responsabilità tra le due Istituzioni – in particolare si trattava della Regione Veneto – che fece bloccare per diversi anni il progetto ambizioso del riciclo dei pannolini.
Questa vicenda si “concluse” con la discussa sentenza del Consiglio di Stato (Sez. IV, n. 1229 del 28/02/2018), con la quale il massimo organo della giustizia amministrativa aveva sostanzialmente affermato che la normativa comunitaria (direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE) non riconoscerebbe il potere di valutazione “caso per caso” a enti o organizzazioni interne allo Stato e pertanto le Regioni, e gli altri enti dalle stesse delegate, non avrebbero il potere di definire cosa è da intendersi o meno come rifiuto.
Questa sentenza potremmo definirla un po’ il punto zero: gli operatori del settore hanno iniziato a chiedere a gran voce maggiore chiarezza e certezza delle regole, dato che, nel periodo precedente a tale sentenza, erano state rilasciate molte autorizzazioni dalle Autorità locali.
Nello specifico il “caso Contarina-Fater” si risolse con un emendamento dedicato del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, in attesa di un decreto End of Waste che mettesse un po’ chiarezza.
Un primo intervento legislativo conseguente alla sentenza citata fu inserito nel Decreto-Legge 18 aprile 2019, n. 32 entrato in vigore con la Legge 14 giugno 2019, n. 55, il cosiddetto “Sblocca cantieri”.
Tanto invocata, tanto attesa, tanto deludente.
La norma in questione si limitava di fatto a confermare l’assunto che, affinché un tipo di rifiuto potesse perdere tale qualifica per acquisire quella di prodotto, i necessari criteri di declassificazione a esso riferiti dovevano essere definiti a livello esclusivamente comunitario o statale.
Inoltre, lo “Sblocca cantieri”, non prevedeva nulla per le autorizzazioni in vigore, già rilasciate sulla base di criteri “caso per caso” definiti dalle amministrazioni competenti.
Il Decreto venne molto criticato dalle Associazioni di categorie e dalle Agenzie ambientali. Importante e significativa fu la risposta di FiseUnicircular (Unione Imprese dell’Economia Circolare):
“La montagna ha partorito un topolino. Dopo quasi un anno e mezzo dalla sentenza del Consiglio di stato che ha bloccato il rilascio delle autorizzazioni sull’End of Waste caso per caso, dopo decine di appelli dal mondo dell’industria, come dell’ambientalismo, numerosi emendamenti presentati e subito dopo ritirati, il Governo dà una risposta assolutamente insufficiente al problema”.
Sulla Gazzetta Ufficiale del 2 novembre 2019 è stata pubblicata la L. 128 del 2 novembre (in vigore dal giorno successivo), ovvero la legge di conversione del DL. 3 settembre 2019, n. 101, “recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali”, la quale, all’art. 14 bis, contiene la riforma della “cessazione della qualifica di rifiuto”, comunemente identificata come “End of Waste”.
In tale norma viene sostanzialmente affermato che le Autorità locali riprendono il potere di autorizzare caso per caso.
La norma infatti prevede che, in mancanza di criteri specifici adottati tramite i consueti, anche se mai emanati, regolamenti ministeriali, le autorizzazioni per lo svolgimento di operazioni di recupero siano rilasciate o rinnovate direttamente nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 6 della direttiva 2008/98/CE, e sulla base di criteri dettagliati, definiti nell’ambito dei medesimi procedimenti autorizzatori.
Più critico invece il sistema dei controlli ambientali che le critiche sostengono essere fin troppo burocratizzato. Secondo la nuova legge, il sistema di vigilanza e controllo viene spostato ad una fase successiva all’effettiva attivazione degli impianti.
Vengono rivisti i ruoli dell’Ispra e delle Agenzie regionali delegate che, nel verificare la conformità della gestione dell’impianto alle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni, avranno di fatto anche il potere di richiedere adeguamenti alle autorizzazioni stesse.
Anche il ruolo del Ministero non pare ben definito. Va da sé che tali non chiarezze potrebbero divenire una problematicità non indifferente in caso di non conformità riscontrate nelle aziende.
Inoltre è stato integrato un meccanismo di controlli “a campione” che anche in questo caso non sembra ben delineato nei suoi aspetti operativi.
In questo ultimo periodo il Snpa – Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale – ha lavorato per cercare di restituire la necessario definizione di quel quadro di regole certe di cui ha bisogno un settore in rapida evoluzione come quello dell’Economia Circolare. Recentemente sono state pubblicate, sia sul sito del Ministero che sul sito del Snpa, delle linee guida utili come primo strumento per assicurare l’armonizzazione, l’efficacia e l’omogeneità dei controlli sul territorio nazionale.
Il 2 novembre 2019 è entrata in vigore anche la L. 4 ottobre 2019, n.117 che delega il nostro Governo al recepimento delle direttive europee e all’attuazione di altri atti dell’Unione europea. La norma contiene importanti novità in campo ambientale, soprattutto in tema di Economia Circolare, stabilendo i principi a cui dovranno necessariamente attenersi i provvedimenti del Governo al momento del recepimento delle direttive. La Legge si compone di 26 articoli e un allegato, in particolare si segnalano:
Altra norma contenente disposizioni ambientali è l’art. 20, recante i principi ed i criteri direttivi per l’attuazione della Dir. 2013/59/Euratom, in tema di “protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti”.
Fonti
Per avere una maggiore panoramica sul tema, consigliamo la lettura di questi articoli:
End of Waste: vittima della burocrazia
End of waste: Milano fa il primo passo
End of waste: decide il Ministro Costa sui pannolini della discordia
End of waste: lo “Sblocca cantieri” frena l’Economia Circolare
Per un maggiore approfondimento della nuova legge sull’End of Waste e per le linee guida dello Snpa.