16 Settembre 2021
Ogni anno conferiamo in discarica un quantitativo pari a 26 volte il Duomo di Milano. Utilizziamo la discarica 30 volte in più rispetto agli altri Paesi europei e quelle attualmente presenti sul nostro territorio sono vicine alla saturazione.
Bisogna investire in nuovi impianti per il trattamento del FORSU (frazione organica del rifiuto solido urbano) e per il recupero energetico, così da colmare il gap con benchmark europei.
È quanto emerso dallo studio “Da NIMBY a PIMBY: economia circolare come volano della transizione ecologica e sostenibile del Paese e i suoi territori” realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con A2A.
Sapete che cos’è l’Earth Overshoot Day? Letteralmente significa «Giorno di sovraccarico della Terra». Sarebbe il giorno in cui gli esseri umani esauriscono tutte le risorse biologiche che il nostro pianeta è in grado di rigenerare e che dovrebbero bastarci per tutto l’anno. Da questo momento in poi, andiamo in deficit.
Ogni anno questo giorno arriva sempre prima: dal 2000 ad oggi si è avvicinato di 67 giorni. Quest’anno si è presentato a fine giugno.
Tra i vari interventi che l’Europa sta adottando per contrastare questo fenomeno, ci sono i famosi obiettivi per il raggiungimento dell’economia circolare, i quali prevedono un recupero effettivo dei rifiuti urbani pari al 65% e il conferimento in discarica inferiore al 10%. Obiettivi da raggiungere entro il 2035.
Se per quanto concerne il recupero dei rifiuti, l’Italia si attesta su risultati abbastanza positivi, non si può dire la stessa cosa in merito all’utilizzo della discarica. In Italia si producono circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di questi, 6,3 finiscono in discarica. Il tasso di conferimento è circa 30 volte in più rispetto a quello dei Paesi europei più virtuosi. Basti pensare che la percentuale italiana si attesta al 20,9% mentre la media di Svizzera, Svezia, Germania, Belgio e Danimarca è lo 0,69%.
Se sommiamo anche i rifiuti speciali conferiti in discarica (11 milioni di tonnellate annue), il volume complessivo risulta pari a 26 volte il Duomo di Milano.
Bisogna evidenziare che la situazione italiana è fortemente differenziata a livello regionale con Regioni abbastanza virtuose – Lombardia ed Emilia Romagna hanno in media un tasso di conferimento del 5,2% - ed altre che utilizzano la discarica maniera decisamente massiccia – la Sicilia conferisce in discarica oltre la metà dei suoi rifiuti urbani (58%).
Si stima che la capacità residua delle discariche in Italia si esaurirà entro i prossimi 3 anni, con differenze significative tra Nord (4,5 anni) e Sud (1,5 anni). La Sardegna ha una vita residua delle proprie discariche pari a 0,5 anni.
Oggi la frazione organica raccolta attraverso la differenziata ammonta a 7,3 milioni di tonnellate, ma di queste solo 3,3 sono trattate in impianti di digestione anaerobica o integrati di digestione aerobica e anaerobica in grado di abilitare il recupero combinato di materia, quindi il compost, e di energia attraverso la conversione di biogas in biometano.
Lo studio condotto da The European House – Ambrosetti evidenzia che per il raggiungimento degli obiettivi europei (65% di riciclo effettivo dei rifiuti urbani – oggi l’Italia è ferma al 47%) è necessario raccogliere e trattare la totalità della FORSU prodotta.
Per colmare tale fabbisogno sarebbe necessario costruire dai 31 ai 38 nuovi impianti per il trattamento della frazione organica per un investimento complessivo compreso tra 1,1 e 1,3 miliardi di euro.
La strada per diminuire il conferimento in discarica passa anche dal recupero energetico dei rifiuti. Ormai è da diversi anni che il dibattito sui termovalorizzatori riempie i media ogni qualvolta si presenta una situazione di “emergenza rifiuti”, ma nonostante il tutto si riduci a meri slogan propagandistici che a nulla portano.
È lapalissiano che la termodistruzione non sia alternativa al riciclo del rifiuto, ma rappresenta sempre una scelta preferibile allo smaltimento in discarica. Quando un rifiuto non è possibile riutilizzarlo o riciclare, dovrebbe essere quantomeno recuperato come energia.
Attualmente sono 5,9 le tonnellate di rifiuti urbani trattate negli impianti di termovalorizzazione, pari quindi al 19,6%. In Europa, i Paesi primi della classe viaggiano con una media intorno al 45,4%.
Alla luce dei già citati obiettivi del Pacchetto Economia Circolare, quindi 65% di rifiuti riciclati e un massimo del 10% di utilizzo della discarica, resta palese che il 25% restante dovrà essere valorizzato mediante recupero di energia.
Lo studio citato ha quantificato il fabbisogno di recupero energetico necessario per il raggiungimento dei target europei: a fronte della capacità attuale di 5,9 tonnellate annue, sarebbero necessari ulteriori 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti da destinare, che equivarrebbero al 53% in più del totale rispetto ad oggi.
Pertanto, per colmare il fabbisogno impiantistico del nostro Paese, sarebbero necessari tra 6 e 8 nuovi impianti per la valorizzazione energetica dei rifiuti urbani, con un investimento complessivo compreso tra 2,2 e 2,5 miliardi di Euro. Ai quali andrebbero sommati altri 700 milioni (8 linee aggiuntive) se consideriamo anche il trattamento dei fanghi di depurazione – che attualmente sono smaltiti per il 55,9% anziché essere avviati a recupero energetico.
Gli investimenti ripetuti finora comporterebbero in prims dei benefici ambientali: basti pensare che avviare a recupero energetico i citati 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani invece di conferirli in discarica, farebbe risparmiare circa 3,6 milioni di emissioni di CO2 – pari ad una riduzione del 20% delle emissioni generate dalla gestione dei rifiuti e dello 0,9% del totale nazionale.
A ciò si aggiungono i benefici abilitati dal recupero energetico dei fanghi di depurazione, oggi smaltiti in discarica, che permetterebbe un risparmi netto di emissioni pari a 0,1 milioni di tonnellate, per un totale complessivo di 3,7 milioni di tonnellate di CO2.
A fronte di un investimento di 4,5 miliardi di euro, l’analisi quantifica in 11,8 miliardi di indotto economico, pari a un moltiplicatore di 2,6 euro generati nell’economia per ogni euro di impatto diretto, con un gettito IVA potenziale di 1,8 miliardi.
Non solo, sempre su queste pagine abbiamo analizzato il rapporto impianti/TARI, constatando che effettivamente i territori sprovvisti di impianti di trattamento rifiuti sono anche quelle zone del nostro Paese dove i cittadini pagano la TARI più alta.
Secondo lo studio, la realizzazione di impianti per il trattamento della frazione organica determina un beneficio economico nelle Regione con i minori tassi di raccolta differenziata, permettendo una riduzione della TARI per un valore complessivo superiore a 550 milioni di euro.
Benefici economi, ambientali e risparmio dei cittadini sulla TARI, cos’altro stiamo aspettando?
Fonti