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La Cina blocca l’importazione di materie prime seconde: mercato in crisi


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15 Marzo 2018

La Repubblica cinese sta attraversando un’evoluzione economica, sociale ed ambientale mai vissuta nella sua storia più recente. Figlia di questa evoluzione è la decisione di bloccare dal 1° gennaio l’importazione di materie prime e secondarie provenienti da rifiuti oggetto di raccolta differenziata di bassa qualità che arrivano da altre parti del mondo. In particolare, è stato drasticamente abbassato il limite di impurezza accettata in materiali quali carta e plastica post-consumo.

Questa situazione sta mettendo a dura prova i ponti commerciali creati in questi anni con i Paesi Occidentali che rischiano, dove non è già accaduto, di chiudere definitivamente.

Come spiega Andrea Fluttero, presidente di Fise Unicircular che rappresenta le imprese dell’economia circolare, intervistato dall’agenzia Adnkronos:

“Per anni il mondo del recupero e del riciclo ha prodotto in Europa materie prime seconde (che provengono dalla lavorazione dei rifiuti) di diversa qualità, le migliori trovavano sbocco in Europa, l’eccedenza, quasi sempre meno qualitativa, veniva collocata in Cina”

Oggi questa operazione non è più possibile.

Conseguenza della chiusura cinese

Questo “protezionismo” della Cina ha portato ad un notevole rallentamento dell’export ed al crollo dei prezzi di carta e plastica, a differenza del valore importante riconosciuto fino a poco tempo fa per le materie prime seconde, inclusi gli scarti generati dall’Occidente.

Il mercato europeo dei prodotti rigenerati è troppo piccolo rispetto all’offerta smisurata di materiali da riciclare. Così, in tutta Europa, e anche in Italia, la rigenerazione sta rallentando e i magazzini si stanno intasando velocemente di materiali da riciclare che non trovano sbocchi sul mercato.

Questo ha fatto esplodere il problema di trovare una collocazione a questi materiali. I Paesi del Nord Europa hanno una maggiore quantità di impianti di recupero energetico e quindi è verosimile che parte di questi materiali diverrà combustibile. Paesi che hanno impiantistica di recupero energetico sottodimensionata come l’Italia, dove le regioni settentrionali hanno gli impianti saturati da rifiuti urbani che arrivano dal centro-sud, non hanno più spazio per accettare queste frazioni seppur a pagamento. L’opinione pubblica è contraria all’apertura di nuove discariche, del resto come imposto dalla Direttiva Comunitaria, e di conseguenza quelle attive, ammesso che siano disponibili ad accogliere queste frazioni, stanno imponendo un aumento del prezzo di smaltimento davvero importante.

In conclusione

Questa contesto crea enormi problemi al nostro settore. Per una serie di rifiuti, soprattutto carta e plastica, non si riescono a trovare sbocchi di mercato validi. La scelta di altre soluzioni, come ad esempio discariche o inceneritori, non risulta essere comunque conveniente a causa dei prezzi altissimi, i quali incidono anche sui costi industriali delle materie prime seconde che ovviamente andranno fuori mercato rispetto alle materie prime vergini.

In generale, discariche e termovalorizzatori, in considerazione di questo esubero di risorse ed obbligati a sostenere “mutuo soccorso” in primis verso i rifiuti generati dal ciclo urbano, stanno applicando, per i rifiuti industriali e qualora disponibili al ritiro, prezzi impossibili.

La principale vittima di questa situazione è il concetto stesso di economia circolare.