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L'Italia è leader del riciclo dei rifiuti in Europa

Ecco cosa è emerso dal rapporto Greenitaly presentato da Fondazione Symbola e Unioncamere


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04 Novembre 2020

L’Italia è prima in Europa nel riciclo dei rifiuti nonostante le varie difficoltà che il settore ecologico incontra nel nostro Paese.

È l’undicesimo rapporto Greenitaly stilato dalla Fondazione Symbola e Unioncamere a presentaci questi numeri: l’Italia ha una percentuale di rifiuti riciclati che doppia la media europea.

Guardiamo i numeri: raggiunto il 79% di riciclo

Il nostro Paese distanzia con percentuali importanti, tutte le big europee, comprese Francia e Germania. L’Italia recupera il 79,3% degli scarti prodotti, sia industriali che urbani; il doppio rispetto la media europea che si ferma al 39%. La Francia ricicla il 56% dei rifiuti, il Regno Unito il 50%, mentre la Germania solo il 43%.

Ma questi risultati non sono fini a se stessi: questo ciclo virtuoso infatti genererebbe un risparmio potenziale di 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e 63 milioni di tonnellate di CO2, in sostanza il 14,8% delle emissioni nocive per il clima.

Dal rapporto emergono altri numeri interessanti e significativi. Per ogni kg di risorsa consumata, l’Italia genera 3,6 € di PIL, contro una media europea di 2,3 € – 2,5 € della Germania, 2,9 € della Francia.

Quindi consumiamo meno e produciamo meno rifiuti rispetto ai colleghi europei: ciascun cittadino italiano consuma 8 tonnellate di materia all’anno, mentre nel resto di Europa ne viene consumata il doppio. Un dato su tutti rispecchia l’ottimo lavoro dell’Italia, ossia quello che emerge dall’industria del “legno arredo”, dove ben il 93% dei pannelli truciolati prodotti è fatto di legno riciclato.

Primato anche nell’agricoltura con il taglio record del 20% sull’uso di pesticidi dal 2011, l’agricoltura italiana si conferma la più green d’Europa.

Inoltre il nostro settore tessile guida la conversione sostenibile della moda, dalle fibre all’uso di prodotti chimici più sostenibili.

"Il nostro Paese ha una situazione a macchia di leopardo sul riciclo urbano, con punte di assoluta eccellenza, come Milano, che insieme a Vienna è ai vertici europei della raccolta differenziata, e punte molto più basse al Sud - spiega Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola -. Ma il risultato veramente importante in termini di risparmio di CO2 e riutilizzo dei rifiuti l'ha ottenuto negli anni il ciclo produttivo industriale. Siamo poveri di materie prime - continua - abbiamo dovuto costruire filiere che sapevano stare al mondo. Queste eccellenze, insomma, non sono successi figli di un decreto governativo".

Chi investe nella sostenibilità è più resiliente

Negli ultimi 5 anni le aziende che hanno investito in prodotti e tecnologie “green” sono diventate il 31,2% del totale (prima erano il 24%). Questa percentuale si commuta in 432 mila aziende italiane, una ogni 3.

I settori di investimento sono l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili insieme al taglio dei consumi di acqua e rifiuti, seguono la riduzione delle sostanze inquinanti e l’aumento dell’utilizzo delle materie seconde.

Emergono dati interessanti anche per quanto concerne la situazione emergenziale attuale. La pandemia ha portato danni incalcolabili per molte aziende, ma come dimostra il rapporto di Greenitaly, le aziende che hanno puntato su un business più sostenibile hanno resistito meglio delle altre ai contraccolpi economici dovuti al virus. Secondo un’indagine svolta da Symbola e Unioncamere nel mese di ottobre 2020 (1000 imprese manifatturiere, 5-499 addetti) le imprese eco-investitrici il 16% hanno amentato il proprio fatturato, contro il 9% delle altre. Mentre solo l’8,2% ha subito un diminuzione del fatturato oltre il 15%, contro il 14% delle aziende che non hanno investito nella sostenibilità.

Il vantaggio competitivo delle imprese eco-investitrici si conferma in un periodo così complesso anche in termini occupazionali, infatti assumono il 9% delle aziende green contro 7% delle altre; anche in termini di export i dati sono migliori: il 16% contro il 12%. Questo anche perché le aziende eco-investitrici innovano di più (73% contro 46%), investono maggiormente in R&S (33% contro 12%) e utilizzano o hanno in programma di utilizzare in misura maggiore tecnologie 4.0. Nonostante l’incertezza del quadro futuro, le imprese dimostrano di credere nella sostenibilità ambientale: quasi un quarto del totale (24%) conferma investimenti green per il periodo 2021-2023. Dall’indagine emerge che le imprese eco-investitrici orientate al 4.0 nel 2020 hanno visto un incremento di fatturato nel 20% dei casi, quota più elevata del citato 16% del totale delle imprese green e più che doppia rispetto al 9% delle imprese non green.

Altro dato importante è quello dell’occupazione: il numero dei green jobs in Italia ha superato la soglia dei 3 milioni di unità, il 13,4% dell’occupazione totale complessiva, segnando un +3,4% (rispetto al 2017) contro il +0,5% delle altre figure professionali.

Secondo quanto sottolineato da Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, dal rapporto emergono dunque quattro punti fondamentali:

  1. La transizione verde è un percorso su cui le imprese italiane si sono già avviate: un quarto di esse, malgrado le avversità del periodo, intende investire nella sostenibilità anche nel prossimo triennio.
  2. Le imprese della greeneconomy sono più resilienti: nel 2020 hanno registrato perdite di fatturato inferiori alle altre, sono ottimiste più delle altre e ritengono di recuperare entro 1-2 anni i livelli di attività precedenti alla crisi.
  3. Le imprese green innovano di più, investono maggiormente in R&S, utilizzano di più le tecnologie 4.0 e privilegiano le competenze 4.0.
  4. Le imprese giovanili guardano di più al green: il 47% delle imprese di under 35 ha investito nelle greeneconomy nel passato triennio contro il 23% delle altre imprese.

Una speranza per il futuro ed un appello alla politica

Durante la presentazione del rapporto erano presenti anche il Ministro per gli Affari Europei Enzo Amendola ed il Commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, ai quali Ermete Realacci lancia un ultimo appello:

“Le imprese che hanno fatto investimenti connessi all’ambiente, dal riciclo, alla riduzione dell’uso delle materie prime, all’innovazione nei processi e nel prodotto, producono di più, esportano e generano più posti di lavoro, rendendosi più forti. Ora devono capirlo la politica e la classe dirigente italiana. [Il Recovery Fund] è il cuore indispensabile della ripresa del nostro Paese, ecco su questo fronte rischiamo tantissimo perché abbiamo interpretato gli aiuti dell’Europa come uno svuota cassetti di progetti. Mancano strategie e obiettivi a lungo termine”.

E continua: “C’è un’Italia pronta al Recovery Fund e la green economy è la migliore risposta alla crisi che stiamo attraversando. Un’economia più a misura d’uomo, più civile e gentile, come recita il Manifesto di Assisi, e per questo più resiliente e competitiva, più in grado di affrontare il futuro. Può diventare la missione del paese. Senza lasciare indietro nessuno e senza lasciare solo nessuno. Possiamo farlo se mettiamo in campo i nostri migliori talenti, li incoraggiamo e sosteniamo, puntiamo su di loro. Il Recovery Fund e il Green Deal sono l’occasione per farlo: sprecarla sarebbe un errore gravissimo che comprometterebbe il nostro futuro”.

Qui è possibili scaricare il rapporto completo.

Alleghiamo il live streaming della presentazione del rapporto.

Moderatice: GIUSEPPINA PATERNITI MARTELLO - Giornalista e Direttore RAI

CATIA BASTIOLI - Amministratore Delegato Novamont

LUCA RUINI - Presidente CONAI

Presentazione del rapporto: GIUSEPPE TRIPOLI - Segretario generale Unioncamere

ERMETE REALACCI - Presidente Fondazione Symbola

VINCENZO AMENDOLA - Ministro per gli Affari Europei

PAOLO GENTILONI - Commissario europeo per l’Economia