10 Dicembre 2018
L’Avvocato Generale UE, M. Campos Sánchez-Bordona, è stato chiamato in causa dalla Corte di Cassazione italiana, nell’ambito di un’indagine penale su un sospetto traffico illecito di rifiuti.
In particolare, il Gip di Roma aveva disposto il sequestro di alcune discariche e, tra gli altri reati, il magistrato aveva anche contestato agli indagati la classificazione e lo smaltimento come non pericolosi di rifiuti contraddistinti dai cosiddetti “codici cer a specchio”.
Inoltre dal 5 luglio 2018, è entrato in vigore il nuovo Regolamento UE 2017/997 che modifica i criteri di classificazione dei rifiuti e l’attribuzione della classe di pericolo HP14 «Ecotossico», rendendoli molto più restrittivi. Consigliamo di leggere il nostro articolo sull’argomento, lo potete consultare qui.
Sono quei rifiuti per i quali il processo di produzione o le caratteristiche intrinseche non consentono l’immediata qualificazione tra i rifiuti pericolosi.
O meglio, possono essere sia pericolosi che non pericolosi, a seconda che le sostanze pericolose contenute raggiungano o meno determinate concentrazioni.
Fino a questo momento, il produttore o il detentore, potevano classificare un rifiuto con codice cer a specchio come pericoloso senza ricorrere all’analisi. Una soluzione che permetteva di cautelarsi preventivamente a prescindere dall’analisi.
Come anticipato qualche riga più su, il Gip di Roma aveva disposto il sequestro di alcune discariche in cui alcuni rifiuti con codice cer a specchio erano stati classificati come non pericolosi.
Sequestro momentaneamente sospeso dal Tribunale del riesame, che ha ritenuto non si possa presumere la pericolosità dei rifiuti con codice speculare, se non sacrificando la presunzione d’innocenza.
Il contenzioso è proseguito poi fino alla Cassazione, che ha chiesto alla Corte UE di interpretare il diritto dell’Unione per determinare la metodologia corretta di analisi da applicare ai rifiuti con codice cer a specchio.
L’Avv. Generale UE si è dunque espresso in merito al caso italiano su richiesta della Corte di Cassazione.
Riportiamo testualmente i passaggi essenziali:
La procedura prevista dalla normativa italiana per valutare la pericolosità dei rifiuti con codici cer a specchio è compatibile con il diritto comunitario e non viola il principio di precauzione previsto dal diritto comunitario, prevedendo tre fasi:
Riportiamo testualmente la risposta dell’Avv. Generale Ue alla Corte di Cassazione italiana:
1) il produttore o detentore di un rifiuto classificabile con un codice specchio ha l’obbligo di accertare la composizione di tale rifiuto e di verificare successivamente, mediante calcolo o prova, se esso contenga sostanze pericolose o che presentano uno degli indizi di pericolosità elencati nell’allegato III della direttiva 2008/98 o nell’allegato IV del regolamento (CE) n. 850/2004. A tal fine si possono utilizzare i campionamenti, le analisi chimiche e le prove previsti dal regolamento (CE) n. 440/2008 oppure riconosciuti a livello internazionale o ammessi dal diritto interno dello Stato membro.
2) Il principio di precauzione o cautela non può essere fatto valere dal produttore o detentore di un rifiuto come pretesto per non applicare la procedura di classificazione dei rifiuti con codice cer a specchio di cui alla direttiva 2008/98 e alla decisione 2000/532, salvo che l’analisi della sua composizione e/o degli indizi di pericolosità dei suoi componenti risulti impossibile.
Fonti
Il testo completo sulle conclusioni dell’Avvocato Generale UE è disponibile qui.