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Rifiuti: 200mila tir partono dalle Regioni prive d’impianti


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27 Gennaio 2020

200mila tir pieni di rifiuti partono ogni anno dalle regioni senza impianti diretti verso discariche o termovalorizzatori italiani ed esteri.

Numeri che rispecchiano una situazione che noi denunciamo da tempo: la mancanza di impianti finali e di siti di trattamento sta letteralmente ingolfando ogni settore della filiera dei rifiuti.

E, intanto, la tassa sui rifiuti e i costi per le aziende, aumentano considerevolmente.

Il centro studi Ref Ricerche ha pubblicato in questi giorni l’interessantissimo dossier “I rifiuti in movimento” e l’analisi “La responsabilità delle scelte: i fabbisogni impiantistici e il ruolo delle Regioni”.

Ecco ciò che ne emerge.

Una catena di tir pieni di rifiuti lunga da Reggio Calabria a Mosca

Lo studio del Ref Ricerche, che si basa sui dati dell’Ispra, ha analizzato lo spostamento dei tir carichi di rifiuti da una regione all’altra. I numeri sono impattanti: 220mila tir all’anno, oltre 550 al giorno.

Se questi veicoli venissero allineati in una linea immaginaria, formerebbero una colonna lunga 3300 chilometri, quasi la distanza tra Regione Calabria e Mosca.

La ricerca posiziona sul “podio” delle regioni da cui partono più camion dei rifiuti LazioCampania e Sicilia con rispettivamente 162, 142, 78 tir giornalieri.

Questi dati confermano una situazione chiara: le regioni che non sono attrezzate a livello impiantistico, non riescono ad essere autosufficienti nella gestione dei rifiuti prodotti.

E tale deficit impiantistico fa registrare a livello nazionale, un passivo non indifferente di rifiuti gestiti in altre regioni o all’estero, come confermano gli economisti del Ref:

“Nel complesso, dalla mappatura regionale dei fabbisogni impiantistici di smaltimento e avvio a recupero energetico emerge che, a livello nazionale, la gestione dei rifiuti nelle 14 regioni in deficit totalizza un passivo di circa 4,9 milioni di tonnellate, esportate all’estero o in altre regioni per essere smaltite o incenerite”.

La tassa sui rifiuti sale dove mancano i siti di trattamento

Dallo studio del Ref emerge un’altra relazione significativa: la tassa sull’immondizia aumenta nelle regioni in cui mancano i siti di trattamento.

La spesa per la tassa è stata calcolata prendendo in considerazione una famiglia media di tre persone.

Ebbene sì, come si vede anche dalla foto sopra riportata (fonte Il Sole 24 Ore), le regioni da cui partono i tir pieni di rifiuti sono anche quelle dove i cittadini pagano di più. Infatti, nei primi 3 posti di questa triste classifica, troviamo ancora Campania con 447 €/anno per famiglia, Lazio 383 €/anno e Sicilia 382 €/anno.

In Campania si ha un’incidenza del costo del servizio sul reddito pro capite regionale del 2,5%, ben distante dallo 0,6% della Lombardia e dallo 0,6% del Veneto.

Lo stesso Ref commenta con queste parole i dati sopra citati:

“È interessante notare come le stesse tre regioni sul podio della classifica delle regioni per il maggior deficit impiantistico, espresso in termini di tir al giorno, siano anche le prime tre nella graduatoria del costo del servizio: un’evidenza di come siano i cittadini, per primi, a pagare le carenze impiantistiche sulla chiusura del ciclo dei rifiuti”.

Allarme riciclo: salgono i costi per aziende e imprese

A causa della mancanza di impianti di trattamento e di smaltimento, i piazzali e i capannoni continuano a riempirsi di materiali che non trovano destinazione.

L’equazione è semplice: diminuiscono le disponibilità impiantistiche ed aumentano i costi di conferimento.

La situazione è molto seria, le aziende di raccolta e stoccaggio si ritrovano in una impasse paradossale, da una parte la volontà di tutelare i propri clienti facendosi carico, quando possibile, dell’aumento dei costi; dall’altra, l’impossibilità di conferire i rifiuti negli impianti finali (anche a prezzi tre volte più alti rispetto lo scorso anno).

Le imprese del settore riciclo, capitanate dall’associazione FiseUnicircular, avvertono insieme:

“Siamo in piena emergenza e a breve saremo costretti a rifiutare nuovi conferimenti di rifiuti da avviare a riciclo”

Il paradosso ambientale

I dati sopra citati sono lo specchio di una politica che troppo spesso insegue i mal di pancia dell’opinione pubblica per un tornaconto elettorale e non per risolvere i veri problemi di aziende e famiglie. E così, vengono assecondati tutti i comitati contrari alla costruzione di qualsiasi impianto, anche quelli che servirebbero per far partire l’economia circolare.

Il numero di veicoli necessari a esportare l’immondizia e il costo della tassa rifiuti per le famiglie, misurano gli effetti del “no” contro gli impianti per riciclare i residui rigenerabili e per smaltire i rifiuti. Sono il metro della sconfitta ambientale imposta dai politici e dai comitati nimby contro la costruzione di impianti ambientali.

Fonti
Centro studi Ref Ricerche – “I rifiuti in movimento” e “La responsabilità delle scelte: i fabbisogni impiantistici e il ruolo delle Regioni”.
Il Sole 24 Ore – Rifiuti, 200mila tir in viaggio dalle regioni senza impianti, Jacopo Giliberto.