07 Luglio 2020
Salgono a 53,6 milioni di tonnellate i rifiuti elettronici prodotti nel mondo durante il 2019, pari a 350 transatlantici messi in fila. E di questi, solo il 17,4% è stato riciclato.
A diffondere questi dati drammatici è il nuovo report “Global e-waste monitor 2020” a cura della United Nations University, componente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Sul podio di questa triste classifica si piazzano rispettivamente Cina (10 milioni di tonnellate), Stati Uniti (con 6,9 milioni) e India (3,2 milioni).
E se l’Asia è il continente con la quota più alta di rifiuti elettronici prodotti, pari a 24,9 milioni di tonnellate, l’Europa detiene la maggiore quantità di scarti tecnologici pro capite, ossia 16,2 Kg., con l’Italia che si assesta sopra la media: 17,2 Kg. a testa.
Si stima che entro il 2030 saliranno a 74 milioni di tonnellate: i RAEE infatti crescono tre volte più veloce della popolazione e il 13% più velocemente del Pil mondiale. Rispetto all’ultimo report del 2014 si è registrato un incremento del 21%.
Una crescita che va di pari passo con i consumi tecnologici sempre più elevati. Uno dei fattori principali è sicuramente il ciclo di vita sempre più breve dei dispositivi che, per effetto dell’obsolescenza programmata, rende sempre più scarse le possibilità di riparazione. Questi fattori rendono i RAEE i rifiuti con il più alto tasso di crescita in assoluto.
Come dicevamo, la percentuale di rifiuti elettronici raccolti e riciclati secondo procedure è solo del 17,4%; unico continente con una percentuale accettabile è l’Europa, con il 42%.
Sicuramente il basso grado di recupero di questi materiali è la nota più dolente dell’intero rapporto. Spesso i rifiuti che sfuggono ai processi di raccolta e recupero documentati, finiscono nelle discariche dei Paesi del Terzo Mondo, con conseguenze ambientali terribili.
Uno degli aspetti più impattanti sul territori è il rilascio di CO2: solo nel 2019 sono stati rilasciati nell’atmosfera circa 98 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti da frigoriferi e condizionatori d’aria scartati, contribuendo all’incirca allo 0,3 % delle emissioni globali di gas serra.
Per non parlare degli effetti nocivi sull’uomo. Un trattamento scorretto di questi rifiuti può causare anche seri problemi alla salute di chi li maneggia senza cautele per effetto di additivi tossici e sostanze pericolose come il mercurio.
Il report stima che circa 50 tonnellate di mercurio, utilizzate in oggetti come monitor e sorgenti luminose fluorescenti e a risparmio energetico, viaggiano ogni anno con i flussi non documentati di rifiuti elettronici.
Oltre al danno ambientale esiste anche quello economico. Avete letto bene: ogni anno bruciamo letteralmente un business da 57 miliardi di dollari. Questi scarti infatti sono composti per la maggior parte da metalli di grande valore come oro, argento, rame e ferro da utilizzare come materia prima seconda in nuovi cicli produttivi.
E non solo, questa valorizzazione contribuirebbe anche a diminuire le estrazioni di materie prime vergini e a ridurre le emissioni di CO2, secondo il report si stima un risparmio di 15 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti.
Concludiamo con l’avvertimento di David Malone, rettore alla United Nations University e sottosegretario generale delle Nazioni Unite:
“I risultati del report di quest’anno ci segnalano che l’umanità non sta implementando in modo sufficiente i sistemi di riciclo. Sono urgenti maggiori sforzi per garantire una produzione, un consumo e uno smaltimento globali più intelligenti e sostenibili delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. E’ urgente ribaltare questo pericoloso modello seguito globalmente”
Fonti
Per il rapporto “Global e-waste monitor 2020” a cura della United Nations University.
E per avere maggiori informazioni in merito.