19 Giugno 2018
Il centro ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ha pubblicato il report 2018 relativo ai dati della gestione, smaltimento e raccolta dei rifiuti speciali.
Prima di leggere i dati e le statistiche forniti dall’ISPRA è bene capire cosa si intende per “rifiuti speciali”, una dicitura un po’ ambigua che mette confusione nella testa dei non addetti ai lavori.
Sono chiamati rifiuti speciali tutti gli scarti di attività produttive, economiche ed industriali: si tratta cioè di rifiuti che in qualche caso sono davvero speciali ma che nella stragrande maggioranza sono rifiuti normalissimi e innocui.
La grande famiglia viene divisa in due categorie:
Pertanto vengono definiti “rifiuti speciali” sia quelli classificati pericolosi che i non pericolosi, creando un po’ di confusione a chi non è un professionista del settore.
La produzione nazionale dei rifiuti speciali è stata quantificata a partire dalle informazioni contenute nelle banche dati MUD relative alle dichiarazioni presentate nel 2017, pertanto i dati fanno riferimento all’anno 2016.
L’Italia produce 135,1 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, il 2% in più rispetto all’anno precedente. Il 93% si tratta di rifiuti speciali non pericolosi. I rifiuti pericolosi, sono aumentati in percentuale del 5,6% che corrisponde in termini quantitativi a quasi 512 mila tonnellate.
È il Nord Italia il territorio dove si produce il maggior numero di rifiuti speciali, quasi 77,8 milioni di tonnellate (pari al 57,6 % del totale). Segue il Mezzogiorno con 32 milioni di tonnellate (23,7 %) e chiude il Centro con 25,3 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti (18,7 %).
In questa particolare classifica sono Lombardia e Veneto le regioni che si posizionano nei primi posti, producendo rispettivamente 29,4 milioni di tonnellate (21,8 %) e 14,6 milioni di tonnellate (10,8 %). Segue a subito l’Emilia Romagna che produce 13,7 milioni di tonnellate (10,1 %).
Secondo il rapporto del centro ISPRA, il settore che genera la maggior quantità di rifiuti speciali è quello delle costruzioni e demolizioni: quasi 54,8 milioni di tonnellate (pari al 40,6 %).
Il secondo settore che genera più scarti è proprio quello del trattamento di rifiuti: dopo la selezione e il recupero dei materiali riutilizzabili, quelli che rimangono sono rifiuti speciali i quali contribuiscono con 36,7 milioni di tonnellate (27,2 %).
L’insieme delle attività manifatturiere produce quasi 28 milioni di tonnellate (rappresentando il 20,7 % del totale).
Come già anticipato, i rifiuti pericolosi sono aumentati in percentuale del 5,6 %. I settori che maggiormente li generano sono, in ordine: il manifatturiero con il 38,3 % del totale; le attività derivanti dal trattamento dei rifiuti che corrisponde 30,9 %; il settore dei servizio, del commercio e del trasporto che rappresentano il 19,8 % dei rifiuti speciali pericolosi generati.
Nello specifico: il 46,6% (oltre 1,7 milioni di tonnellate) del quantitativo di rifiuti pericolosi complessivamente prodotto dal settore manifatturiero è prodotto dai comparti della fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, e della fabbricazione di prodotti chimici e farmaceutici, di articoli in gomma e plastica.
Per avere fiumi puliti e acque depurate bisogna produrre rifiuti: i fanghi. Più sporcizia viene tolta dall’acqua per ottenere un fiume limpido e cristallino, e più fango viene prodotto dal depuratore. I fanghi derivanti dai depuratori hanno avuto un incremento del 3,7 %.
Come avevamo precedentemente documentato (qui trovate maggiori info sull’argomento), l’Italia presenta una buona percentuale di rifiuti riciclati. Questi risultati sono confermati anche dalla ricerca dell’ISPRA sui dati del 2016 in merito ai rifiuti speciali derivanti dalle attività industriali ed economiche:
Va da sé che il recupero avviene quasi unicamente per i rifiuti speciali non pericolosi. I pericolosi vengono soprattutto smaltiti mediante trattamento chimico fisico (circa il 56 % del totale). In discarica invece finiscono il 13,9 % di rifiuti pericolosi.
Le operazioni di smaltimento dei fanghi dei depuratori (70,8%) sono prevalenti rispetto a quelle di recupero, e vengono gettati soprattutto in discarica (258 mila tonnellate).
Secondo il rapporto ISPRA, la quantità totale di rifiuti speciali esportata nel 2016 è pari a 3,1 milioni di tonnellate, di cui il 67,4% (2,1 milioni di tonnellate) è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 32,6% (1 milione di tonnellate) da rifiuti pericolosi.
La destinazione più ricorrente è la Germania dove approdano 850 mila tonnellate di cui 636 mila sono rifiuti pericolosi.
Tra i rifiuti non pericolosi, il quantitativo maggiormente esportato, pari al 43,2% del totale dei rifiuti non pericolosi, è costituito da ceneri leggere di carbone, gessi e polveri da desolforazione dei fumi di inceneritori e centrali (587 mila).
I rifiuti speciali vengono anche importati: nel 2016 si è trattato di 5,8 milioni di tonnellate, quasi tutti non pericolosi, caratterizzati dall’approvvigionamento di rottame tedesco da riciclare in Italia come materia prima della metallurgia.
Come già detto, i dati sono stati selezionati dalla banca dati MUD 2017, pertanto si riferiscono al 2016. Oggi il settore ecologico sta attraversando un situazione sostanzialmente diversa rispetto anche solo ad un paio di anni fa. Per avere una panoramica completa sull’argomento, consigliamo di consultare le varie problematiche di settore (ne abbiamo parlato dettagliatamente qui).