27 Maggio 2022
La mancanza di impianti di trattamento, recupero e smaltimento costringe l’Italia ad esportare circa 4 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno. Il costo di questo “autogol ecologico” si aggira sul miliardo di euro.
Secondo l’ultimo report pubblicato dall’associazione Assoambiente – AMBIENTE ENERGIA LAVORO. La centralità dei rifiuti da attività economiche – i dati sono destinati a peggiorare: tra il 2021 e 2025 il nostro Paese potrebbe pagare l’esportazione dei rifiuti all’estero tra i 3 e i 5 miliardi.
Snoccioliamo un po’ di numeri.
Lo studio citato prende in considerazione i dati dell’anno 2019. Abbiamo prodotto complessivamente 193 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui 30 urbani e 163 speciali, ossia derivanti da attività industriali. Questi ultimi rappresentano l’85% della produzione complessiva, oltre 5 volte quelli urbani. Il dato rende chiaro quanto sia importante, sia in termini economici che ambientali, un corretto trattamento di questi rifiuti.
fonte immagine - report "AMBIENTE ENERGIA LAVORO. La centralità dei rifiuti da attività economiche"
Il report esclude dalle sue analisi i rifiuti derivanti dal settore delle costruzioni, pari a 52,5 milioni.
Di questi 111 rimanenti, lo studio si focalizza in particolar modo sui rifiuti direttamente prodotti dalle attività economiche, circa 65 milioni di tonnellate: di questi, oltre 36 mln di tonnellate (pari al 55%) sono stati prodotti dalle aziende manifatturiere.
E in quale Regione si producono più rifiuti? La Lombardia produce quasi il doppio dei rifiuti speciali prodotti in Veneto, 23 mln/ton contro 12; seguono Puglia 11 mln, Emilia Romagna 10, Piemonte, Toscana e Lazio 7.
fonte immagine - report "AMBIENTE ENERGIA LAVORO. La centralità dei rifiuti da attività economiche"
L’Italia è un Paese molto virtuoso per quanto concerne il riciclo, e non solo di rifiuti urbani. Nel 2019 i rifiuti speciali avviati a riciclo o recupero energetico sono stati il 65%; il restante 35% è stato destinato ad operazioni di smaltimento (incenerimento, discarica, stoccaggio finalizzato allo smaltimento finale o altre operazioni come il trattamento chimico-fisico).
Se da una parte il dato sul riciclo è sicuramente confortante, dall’altro bisogna sottolineare che circa 27 milioni di tonnellate sono state infatti trattate in un territorio diverso da quello di produzione, 4,3 delle quali sono finite all’estero.
Stando al report, la principale tipologia di rifiuti esportata, pari al 46% del totale, è rappresentata da rifiuti derivanti dal trattamento di rifiuti, di cui oltre 550mila tonnellate di derivazione urbana, inclusi sovvalli dell’indifferenziato e scarti della raccolta differenziata e del riciclo.
Destinazione principale la Germania, con circa 800mila tonnellate, seguita da Austria, Ungheria e Francia. Del totale esportato, il 63% è stato avviato a riciclo, il 23% a incenerimento o recupero energetico, il 14% a smaltimento in discarica.
fonte immagine - report "AMBIENTE ENERGIA LAVORO. La centralità dei rifiuti da attività economiche"
Come sottolineato Marco Steardo Presidente della sezione Rifiuti speciali, Intermediazione e Bonifiche di FISE Assoambiente
“I volumi di rifiuti speciali annualmente esportati sono un forte segnale di carenza impiantistica, particolarmente preoccupante se si considera la previsione di crescita industriale stimata per i prossimi anni. Senza una pianificazione strategica di investimenti in nuovi asset dedicati, si amplierà il gap tra i quantitativi da avviare a trattamento e gli impianti sul territorio”.
Secondo le stime di Assoambiente, emerge un fabbisogno impiantistico a regime superiore ai 10 milioni di tonnellate di rifiuti/anno ed un fabbisogno cumulato a cinque anni (2021-2025) pari a circa 34 milioni di tonnellate. Il valore economico complessivo trasferito al di fuori del nostro Paese in questo range di tempo oscillerebbe tra i 3 e i 5 miliardi di euro, destinato successivamente a crescere nell’ordine di 1-1,5 miliardi l’anno.
Non colmare il gap impiantistico delineato significa, anche, continuare a cedere all’estero valore in termini di fatturato, occupazione, produzione di materie prime seconde, produzione di energia e gettito fiscale. In un momento particolare come quello attuale, in cui siamo molto dipendenti dai Paesi esteri in termini di approvvigionamento energetico, la sola mancata produzione di energia generabile dai rifiuti destinati a impianti di termovalorizzazione è stimabile fra 330mila e 400mila MWh all’anno che si traduce in un costo annuo a valori di mercato fra 40 e 60 milioni di euro.
Attualmente sono presenti oltre 11mila impianti operativi: circa il 58% è concentrato nel Nord Italia, il 17% al Centro e il 25% al Sud e Isole. Un esempio significativo e che risalta il forte squilibrio presente nel Paese è quello che vede la Puglia con circa 11 mln di tonnellate di rifiuti speciali prodotti e 612 impianti, mentre il Veneto, a fronte di un dato di produzione di quasi 12 mln di tonnellate di rifiuti speciali, dispone di 1.190 impianti. Sul totale gli impianti di riciclo sono 6mila 839 mentre risultano essere circa 3mila gli impianti di stoccaggio, distribuiti in maniera uniforme sul territorio.
fonte immagine - report "AMBIENTE ENERGIA LAVORO. La centralità dei rifiuti da attività economiche"
“La realizzazione degli impianti di riciclo, di recupero di materia e di energia, deve essere adeguatamente pianificata, privilegiando la realizzazione di impianti a servizio di distretti produttivi specifici nei quali la gestione dei rifiuti si integrerebbe, producendo materie prime seconde e/o energia utili al distretto stesso. Perché ciò avvenga deve consolidarsi un quadro normativo rigoroso, ma inequivocabilmente applicabile, che, in condizioni di sicurezza per l’ambiente e per la salute, favorisca dove possibile la trasformazione dei rifiuti in materia, attraverso specifici processi ‘end of waste” afferma Marco Steardo.
fonte video - Ricicla Tv
Fonti
Report "AMBIENTE ENERGIA LAVORO. La centralità dei rifiuti da attività economiche"